Mèlos

Progetto: Paolo Fresu Angel Quartet
Etichetta: RCA/Victor-BMG
Anno: 2000

È difficile descrivere la meraviglia, l'incanto: ognuno lo vive da sé ed in modo diverso. E così, diversamente gli uni dagli altri, vi incanterete, ma vi sfido (tentate pure invano!) a non lasciarvi abbracciare dallo splendore di questo disco: cette musique est tout.
Il francese è d'obbligo, visto che è stata proprio la Francia a divinizzare definitivamente Paolo Fresu e, ironia della sorte, a farlo apprezzare ancora di più nel nostro paese: da tempo infatti, il trombettista sardo si divide tra Parigi, l'Appennino Tosco-Emiliano e la terra natìa, intensificando particolarmente Oltralpe l'attività concertistica e discografica.
Inutile e superfluo parlare qui di Fresu in chiave biografica e celebrativa, non ce n'è bisogno, e lo stesso vale anche per i suoi quattro compagni che lo seguono dal 1983 in uno dei migliori ensemble a livello europeo e mondiale.
Mèlos significa, in greco, canto e poesia. Traspare quindi, già dal titolo, la direzione di questo lavoro, votato all'essenza e alla semplicità, con l'intenzione dei cinque musicisti di interpretare la melodia senza troppi "disturbi" dall'esterno, nel modo più naturale, semplicemente. Brani corti (solo un paio superano i cinque minuti), che non giocano sulla durata degli assoli ma sulla capacità descrittiva dei temi, acquerellando tredici piccoli e delicatissimi quadretti: due composizioni, infatti, si staccano un po' da queste morbide tinte, assumendo colori e contrasti più forti ("On Second Line" e "Tutto e il contrario di tutto"), mantenendo comunque un sound "gentiluomo".
L'inizio stesso del disco è una carezza: parte da solo Fresu, si aggiunge discretamente il pianoforte di Roberto Cipelli, entrano poi le spazzole di Ettore Fioravanti, lasciando completare tutto ad Attilio Zanchi al contrabbasso. Non c'è per il momento il sassofono, anche perché Tino Tracanna è (qui in Mèlos) molto schivo e riservato, comparendo in modo sottile e garbato.
È tutto un pianissimo, tutto un sussurro, a volte è persino più forte delle note il rumore delle chiavi o dell'attacco del martelletto del pianoforte, e sono tutti intenti a costruire questo bellissimo castello di carte, dove basta una vibrazione in più per rompere l'equilibrio che tiene in piedi la meraviglia. C'è talmente tanta armonia, tanta coesione fra i musicisti e i brani proposti, che l'intero album si potrebbe ascoltare da capo a fondo senza avvertire nessuno stacco: un viaggio unico, senza fermate, giusto qualche lieve rallentamento (proprio perché mica sono tutti uguali i pezzi!), e viene naturale pensare, alla fine: "già arrivati?".
Fresu (che in tutto suonerà non più di un migliaio di note, con saggia pacatezza) è bravissimo a gestire e alternare l'organico del suo gruppo, usandolo a volte al completo oppure preferendo un'intimità maggiore creata dalla mancanza della sezione ritmica. È in quest'ultimo caso, per forza di cosa, che si raggiungono i picchi più alti di leggerezza e semplicità: ne sono emblema "Per Toda Minha Vida" e "Luiza" (due brani poco conosciuti di Jobim), l'omaggio alla musica italiana del dopoguerra con "Così" di Nicola Arigliano, il tema commovente in "Lester" di Antonello Salis (uno fra gli amici, insieme a Rava, Romano e Waters, che Fresu ha voluto omaggiare).
In tutte queste perle rivestono un ruolo importante le intro al pianoforte di Cipelli, che centellina le note e dosa i voicings, preparando l'atmosfera ed introducendo il discorso musicale in maniera perfetta. È da notare, inoltre, la scarsa presenza di assoli degli altri strumentisti: una scelta di stile che riporta alla scopo "interpretativo" del progetto, e che guida anche verso una concezione più funzionale che "spettacolare". Tracanna prende il posto di Fresu quando è la sensazione di un suono più caldo a prevalere, ma è da ammirare l'ottimo lavoro in sezione dei due, che molto spesso preferiscono muoversi assieme per piccoli passi, piuttosto che lasciarsi andare a corse solitarie.
Che dire ancora?Nous sommes enchantés!

Luigi Sidero - All About Jazz

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