È vero che Paolo Fresu ci ha abituati a una sperimentazione costante che ha dato vita negli anni a progetti sempre diversi, ma forse questoMistico Mediterraneo riesce a ritagliarsi una posizione di rilievo in una pur così variegata discografia. Evidentemente è la presenza del coro polifonico A Filetta – gruppo storico della musica tradizionale corsa, fondato nel lontano 1978 – a conferire a questa seconda registrazione di Fresu a suo nome con la Ecm (dopo il fortunato Chiaroscuro con Ralph Towner) una personalità musicale tutta propria.
Tutto cominciò nel 2006, quando ad Ajaccio Fresu – insieme a Daniele Di Bonaventura, presente anch'egli in Mistico Mediterraneo, e ad altri musicisti – fu chiamato a condividere il palco con A Filetta, in occasione di un concerto che ne celebrava la carriera trentennale e rappresentava la volontà del coro corso, pur nel rispetto della tradizione, di aprirsi a collaborazioni con musicisti provenienti da generi musicali differenti. Non può certo meravigliare che in quell'occasione sia emersa un'"affinità elettiva" tra il "sardo" Fresu e il "corso" A Filetta, spiegabile in base alle due culture musicali – e non solo – a cui appartengono, che affondano in antichissime radici comuni, ben più profonde di quelle che legano Sardegna e Corsica alle rispettive nazionalità statali. Radici mediterranee, come evidenzia il titolo dell'album.
Mistico Mediterraneo – per la collaborazione di musicisti jazz con un coro il cui repertorio è composto anche di canti religiosi – non può non suggerire il confronto con un altro progetto simile, sempre targato Ecm: Officium di Jan Garbarek e The Hilliard Ensemble, che di recente ha pubblicato il suo terzo episodio. Ebbene, proprio tale confronto è utile per evidenziare le peculiarità di Mistico Mediterraneo. Dal punto di vista della selezione dei brani, mentre Officium attinge quasi esclusivamente a un repertorio sacro, Mistico Mediterraneo mescola sacro e profano (ne sono prova Da tè à me e Scherzi veranili, che musicano due testi del poeta corso Santucci), e non mancano composizioni originali del leader di A Filetta, Jean-Claude Acquaviva, e di altri che hanno collaborato in passato con il coro, come Jean-Michel Giannelli e Bruno Coulais; al repertorio di A Filetta si aggiungono poi Gradualis, composta appositamente da di Bonaventura (musica) e Acquaviva (testo), e i due brani strumentali a firma di Bonaventura, Corale e Sanctus. Entrando adesso nello specifico, prima di tutto, a differenza del quartetto vocale The Hilliard Ensemble, A Filetta è un coro polifonico composto di sette voci; ne consegue che, mentre la cifra stilistica di Officium è il contrappunto di voce e sax, qui prevale invece la contaminazione tra il registro vocale e quello strumentale. Alla contaminazione di temi – ma, in fondo, la stessa religiosità mediterranea è una commistione inestricabile di elementi sacri e profani – corrisponde quindi quella musicale, come dimostra l'uso spregiudicato di effetti elettronici da parte di Fresu. Inoltre, la fisarmonica di di Bonaventura aggiunge un calore e un colore che richiama immediatamente l'atmosfera mediterranea. In brani quali Liberata, Da tè à mè, Scherzi veranili non soltanto la comune matrice musicale e culturale mediterranea di tromba, fisarmonica e voci è particolarmente evidente, ma la sintonia tra il lirismo del jazz di Fresu e il canto di A Filetta è addirittura impressionante. Se di un misticismo mediterraneo si può parlare, è certo che la malinconia e il languore del brano strumentale che chiude emblematicamente il cd, Sanctus, hanno ben poco a che fare con una religiosità definita dall'austerità e dalla severità.
Dario Gentili per Jazzitalia